Il sesto delitto - Le prime linee

Fotografia : Tama66
Fotografia : Tama66

Sulla strada che serpeggia tra le rocce e gli alberi bassi, basta poco per dimenticare quello che ci si lascia alle spalle. La statale, l’autostrada di qualche istante prima, la città da cui si è partiti la mattina si cancellano a poco a poco ad ogni curva.

Restano il dolce fluttuare degli ulivi, le ondulazioni delle colline, l’abbraccio discreto della linea grigia di cemento che si snoda sui loro fianchi. Più la segui e più ti domandi dove conduca – anche se lo sai perfettamente. E la sorpresa è davvero tanta quando un’ultima curva rivela Pensegarde.

Mi sono fermato davanti al versante su cui s’aggrap-pano le poche case indicate con questo nome. Sembra una cartolina: la pietra chiara, le imposte color pastello, le chiazze d’alberi, il cielo perfetto, lo scenario della valle serena sullo sfondo. E’ davvero bello. Non c’è altro da aggiungere. E appunto queste parole mi sono venute in mente. Non ho nemmeno pensato: ‘Ma allora è qui che vive Lex!’

Rimontato in macchina per percorrere gli ultimi tratti che salgono verso l’abitato, mi sono fermato sulla piazzetta attrezzata al centro. Un tiglio dagli ampi rami la occupava saldamente, facendo la guardia. Più oltre, nell’ombra, una fontana aggiungeva il suo fascino, associando la frescura all’idea di un’accoglienza calorosa. Visti da vicino, gli edifici circostanti apparivano ancora più nitidi di quanto non mi fossero sembrati in basso.

In quale viveva, lui? Tutte le imposte erano aperte, le finestre abbellite da tende, i porticati fioriti. Forse li abitava tutti a turno, scrivendo in uno, mangiando nell’altro, dormendo nell’altro ancora, distraendosi nel quarto e meditando nell’ultimo.

Solo allora mi sono reso conto del numero delle case: cinque. Come i crimini su cui investigavo.